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Ice age 2: the Meltdown,
Usa, 2006
di Carlos Saldanha , animazione
Gli animali sfigati hanno sempre avuto un posto di rilievo
nella storia dellanimazione, sia al cinema che in televisione.
Se si pensa al successo che hanno avuto tipetti come Donald Duck (aka
Paperino), Wile E. Coyote, Tom (di Tom & Jerry) e Sylvester
the Cat (aka Gatto Silvestro) diventa inutile stare a precisare quanto
le storie danimazione si nutrano e abbiano vitale bisogno di adorabili
perdenti. lEra glaciale 2: il disgelo,
nella fattispecie, a un animale sfigato erge un vero e proprio monumento.
E la celebrazione cinematografica di uno dei più divertenti
personaggi animati creati negli ultimi anni, Scrat. Lo scoiattolino
preistorico, attaccato alla sua ghianda più che il Cavaliere
alla poltrona di premier o il verghiano Mazzarò alla sua roba,
è una forza della natura, una di quelle rare creature in grado
di far ridere con qualunque gesto e in qualsiasi gag. In virtù
di questa prodigiosa vis comica, gli ideatori della serie ambientata
tra i ghiacci della preistoria hanno ben pensato, per questo secondo
capitolo, di regalare molto più spazio a Scrat sottraendolo a
quelli che dovrebbero essere i naturali protagonisti della narrazione,
ovvero il mammuth Manny, il bradipo Sid e la zannuta tigre Diego. A
questo punto bisogna capire un po meglio di cosa parliamo quando
parliamo de lEra glaciale 2.
Se questo film è la successione delle eroiche gesta di Scrat
allora probabilmente ci troviamo di fronte a un capolavoro assoluto
della comicità animata. Questo cosetto bizzarro riesce a rinvigorire
la tradizione cinematografica della comicità viscerale, non a
caso primitiva e orfana di armi altrettanto nobili come
lironia e il sarcasmo. Scrat è lultimo emblema della
risata di pancia non collegata a niente, non connessa alle
contraddizioni della realtà, non ritagliata sulle virtù
ridicole dei corpi buffi. A differenza degli altri sfigati che ho citato
non è neppure inserito in un ambiente che ne facilita il riconoscimento,
visto che stiamo parlando di ere glaciali e non di modernità.
Uniniezione di purezza infantile, insomma, che varrebbe da sola
il prezzo del biglietto.
Ma questa pellicola non è soltanto il nostro eroe, e qui il discorso
cambia una seconda volta. Il plot fondamentale è segnato infatti
dal particolare road movie intrapreso dagli stessi animali
protagonisti del primo capitolo e da alcune simpatiche new entry come
i due fratelli opossum, Crash e Eddie, e dalla mammuth schizofrenica
Ellie. Pensata sulla falsariga della transumanza raccontata
nel primo atto, la traversata che le bestie devono fare questa volta
è necessaria per sfuggire allo scioglimento dei ghiacciai e salvarsi
la pellaccia. Non è forse un caso che i leitmotiv siano i medesimi:
la famiglia, lamicizia, la solidarietà fra razze diverse
quando è la Natura stessa a volgersi contro. Niente di nuovo
insomma. In questo caso, inoltre, tutto appare più sfilacciato.
Si ha limpressione che manchino le idee per tirare avanti la storia
per più di unora. Soltanto il carattere dei personaggi
è in leggera controtendenza con il primo episodio in quanto sembra
molto più conciliante rispetto alla mordacia e al sottile cinismo
che si erano intravisti in alcuni dei protagonisti. Peccato che una
maggiore continuità con il precedente in questo caso sarebbe
stata molto utile. Sarebbe stato un modo di evitare la messa in scena
di personaggi privi di spessore che non riescono a tenere in piedi un
intero lungometraggio, nonostante alcune trovate divertenti e labilità
dei doppiatori vecchi (riconfermati Leo Gullotta, Claudio Bisio e Pino
Insegno) e nuovi (Roberta Lanfranchi e il vocalist dei Blue, Lee Ryan).
lEra glaciale 2, però, si presta anche
a una terza visione che è quella probabilmente più corretta
da un punto di vista critico e più onesta intellettualmente.
Si può osservare, cioè, come interagiscano i due nuclei
narrativi della storia e soprattutto come si presenti il film nel suo
insieme. Anche in questo caso, il ragionamento cambia. Infatti, a dispetto
di un impatto visivo complessivo ancora più sorprendente che
nel primo capitolo, la spettacolarità dellimmagine non
riesce a fare testo da sola e i passaggi, a volte fluidi a volte forzati,
tra i toni epici delle avventure di Scrat e i ritmi pachidermici e altalenanti
del gregge in fuga generano una serie di aspettative che raramente vengono
soddisfatte. Durante la visione si spera in una delle alternative: o
che gli onori della ribalta vengano prima o poi consegnati tutti al
mirabolante scoiattolo oppure che lodissea del bestiame in estinzione
raggiunga gli apici dellepopea scrattiana. Non succede
nessuna di queste due cose, ed è per questo che si può
rimanere con lamaro in bocca, o meglio piuttosto freddi, viste
le temperature polari. Va da sé che le tre stelle sono la media
tra le cinque consegnate al leggendario roditore e la stella regalata
di stima a tutto il resto.
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