Dogma
Fede e altre cazzate
di Luca Persiani

 
  id, USA, 1999
di Kevin Smith, con Ben Affleck, Matt Damon, Linda Fiorentino, Chris Rock, Salma Hayek, Alan Rickman, Jason Lee, Jason Mewes, Kevin Smith, George Carlin, Alanis Morisette.


La complessità del cinema di Kevin Smith è spesso presa sottogamba dai suoi osservatori, travolti dal diluvio di geniali cazzate che strabordano dallo schermo. Invaso da personaggi delineati con incredibile precisione, costruito con un’abilità assoluta che permette anche di mutilare pesantemente ed evidentemente il plot per esigenze distributive (il dvd americano del film ha ben 100 minuti di scene tagliate!), senza snaturare o inficiare l’efficacia della storia, Dogma è un film sulla fede e il suo senso, affrontata con tutta la necessaria mancanza di solennità che una commedia demenziale prevede. Bethany è la salvatrice del mondo: è donna, ha abortito, lavora in una clinica che pratica aborti, è cattolica ed è la discendente di Cristo, che era nero. E che era figlio di Dio, che però è una donna. Nel dissacrare a tutti i costi e senza freni alcuni punti fermi della religione a cui lui stesso aderisce, Smith esagera volutamente, invertendo dogmi più o meno ufficiali quasi meccanicamente. Pare che addirittura il regista si sia infilato in incognito in uno dei picchetti che protestavano per l'uscita di Dogma, per unirsi direttamente ai contestatari contro il suo stesso film. Un'autoironia senza confini che mette in chiaro, ancora, i confini delle potenzialità del messaggio cinematografico di Dogma: un gioco apparentemente delirante, libero, massimamente irriverente, contraddittorio. Proprio come dovevano apparire, quando sono state rese pubbliche per la prima volta, gran parte delle scritture sacre di cui fa parodia e sberleffo. Per Smith, in modo candido e lineare, il punto non è il varietà religioso che si scatena come struttura di potere intorno all'evento della nascita e resurrezione di Cristo. Il punto è che la fede, la dimensione spirituale che può scegliere le forme più disparate (Alanis Morisette è una divinità parecchio credibile anche se appare e si comporta come una bambina dell'asilo) è l'unica cosa che conta e che si deve rispettare. E Smith lo dice a gran voce, avendo il coraggio, mentre il varietà viene svelato per quello che è - appunto un carrozzone sgangherato e delirante -, di rimanere serio e preciso sull'argomento, sfoderando cioè un'irriverenza devastante su tutto (memorabili alcune cattivissime battute sull'aborto) tranne che sul significato intimo della spiritualità come bisogno estremo di equilibrio e forza. Tutti i personaggi del film sono in cerca di pace, e del ripristino di un equilibrio stravolto inevitabilmente dalla vita stessa. Loki e Bartleby rivogliono il Paradiso, Bethany una vita serena, Metatron il ritorno di Dio e l'equilibrio del creato, perfino Jay e Silent Bob, ossessionati dal sesso, vedono nel mito della scopata selvaggia il loro completamento come esseri umani, e si ritrovano ad essere profeti e guide del nuovo salvatore dell'umanità, la cui madre, ovviamente, cercano in tutti i modi di farsi. Tutti sono in qualche modo alla ricerca di Dio, chi per riportarlo al suo posto, chi per sbarazzarsene definitivamente. Tutti sono portatori di ruoli fondamentali nascosti sotto apparenze "di basso profilo": infermiere, spogliarelliste, vagabondi nudi, sessuomani cannabilisti nerd, piazzisti, giocatori di hockey, sono attori nel grande gioco di ricerca della fede che sono più di ciò che appaiono, anche a loro stessa insaputa. Nel caos di ciò che appare e ciò che è, del senso dell'identità delle fazioni (contro o pro il sistema religioso presidiato dalla Morisette) quello che emerge chiaramente è la determinazione generata dal credere in qualcosa, che sia amore o odio. Un credere che porta Bethany a compiere una missione impossibile, i due angeli Loki e Bartleby a voler tornare in paradiso a costo di ridurre il mondo sull'orlo del collasso, Jay e Silent Bob a patteggiare la scorta alla salvatrice del mondo con la promessa di una scopata. Quasi come un Anthony Robbins (il guru americano dell'autostima che compare nella parte di se stesso in Amore a prima svista, dei fratelli Farrelly) ridanciano e autoironico, Smith sgrassa il "miracolo della fede" ripulendolo, con la satira più strepitante, di tutte le scorie con cui è stato intaccato dalla cultura del potere religioso e filosofico, per restituirlo semplicemente ad un significato più ampio di esercizio spirituale interiore, necessario per creare una base solida e dare forza alle azioni dei personaggi, e quindi alla vita stessa. La fede-fiducia-volontà come unico vero dogma vitale e concreto dell'individo.