Dick e Jane –- operazione furto

Gli incerti del mestiere
di Emanuele Boccianti

 
  Fun with Dick and Jane, Usa, 2005
di Dean Parisot, con Jim Carrey, Téa Leoni, Alec Baldwin


Abbandonata –speriamo temporaneamente- la faccia di gomma che avevamo tanto amato in precedenza, Jim Carrey torna a buttarsi a capofitto in una commedia piena di verve, riappropriandosi del ruolo che fu a suo tempo di George Segal (in italiano Non rubare… se non è strettamente necessario, 1977), promettente e speranzoso rampicante aziendale alle prese con il lato oscuro delle corporation americane, e con gli alti e bassi vertiginosi del sistema economico capitalista. Lo affianca una vigorosa Téa Leoni, decisamente a suo agio in un film che impone agli attori, ancor prima che allo spettatore, un ritmo sostenuto e una sarabanda di situazioni comiche ipercinetiche e muscolari, improntate ad una fisicità che, se non stupisce vedere associata a Carrey (è uno dei suoi elementi naturali), non ci aspettavamo vedere tirata fuori dalla elegante signora Leoni con tanta disinvoltura.
L’idea portante, la bancarotta fraudolenta della società per cui Dick Harper lavora e dalla quale ha appena ricevuto la promozione della sua vita, è il vero antagonista della storia: una disfatta economica improvvisa e violenta, che arriva da un giorno all’altro a gettare l’ombra del ridicolo e della disperazione sulla felice famigliola, così repentina da non dare altra possibilità ai due se non quella di improvvisarsi rapinatori, costretti per la prima volta a vivere rocambolescamente alla giornata. Passamontagna e pistola ad acqua alla mano (ma è solo la prima di una divertente serie di “mise”: più in là c’è addirittura un travestimento da Sonny e Cher, dove per inciso è Jim Carrey a travestirsi da Cher…) i due devono fare i conti di volta in volta con la loro genetica onestà da un lato, dall’altro con gli imprevisti di una carriera così impegnativa.
“Rubare è una cosa seria, voi al massimo potete andare a lavorare”, era una delle frasi storiche de I soliti ignoti, che coglie perfettamente lo spirito dell’avventura in cui Dick e Jane si vanno a cacciare: e infatti i due Bonny e Clyde della domenica inanellano nella parte centrale del film una teoria di gag a ripetizione a ricordarci un po’ il Woody Allen di Prendi i soldi e scappa, prima di affrontare, nel terzo atto, il responsabile della loro sfortuna: un Alec Baldwin perfetto nel ruolo del cinico e piacione presidente d’azienda, capace di sottrarre centinaia di milioni di dollari dai registri della Globodyne e restare sempre sulla cresta dell’onda, schivando ogni responsabilità penale e regalando bonari sorrisi alle telecamere dei network.
In effetti è proprio la parte del confronto con l’azienda-mostro, che reclama costantemente sacrifici umani per poter sopravvivere cambiando pelle e registri contabili, quella più azzeccata della storia. Dapprima, nella dialettica di cooperazione e complicità che innesca con il povero Dick, vittima della sua stessa buona fede; poi, dopo il crack, quando il leviatano mostra impudentemente la sua vera faccia, e si fa beffe delle aspettative di quanti, come il nostro, aveva puntato tutto sulla sua protezione, sacrificando importanti aspetti della propria vita sull’altare di una way of life ipertrofica e vacua. Lì la commedia diventa satira di costume, se non proprio sferzante comunque graffiante e appropriata, impreziosita dalla performance di Baldwin che irraggia splendore malsano e dispensa battute da grande alfiere dell’establishment statunitense, ricordando in alcuni momenti lo stesso stile retorico anestetizzante e tronfio dell’attuale presidente americano.

Il meccanismo delle rapine-gag, che occupa tutta la parte centrale del film perde un po’ di vista questo spunto, concentrandosi sull’abilità di Carrey e della Leoni di dare continui colpi al metronomo della vicenda, ma finendo a volte con il derubricare la materia della narrazione, facendogli perdere quel filone ironico che aveva così ben attecchito all’inizio. Ci penserà ancora una volta Baldwin, riapparendo alla fine coi suoi settantadue denti bianchissimi e i suoi occhi azzurri penetranti, a ricordare a tutti che l’ardua battaglia, ancorché edulcorata dal giusto happy ending di rito, è meno grossolana di quel che sembri, e che il vero cattivo, tutti i Dick e Jane del mondo spesso lo hanno in casa. Anzi, che così come ha permesso loro di averla, a volte gliela può portare via. A cominciare dalla piscina e dal prato all’inglese.