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Le colline hanno gli occhi
2
The hills have eyes 2, USA, 2007
di Martin Weisz, con Michael McMillian, Jessica Stroup,
Daniella Alonso, Jacob Vargas
Vi prego: salvate quelle colline!
recensione di Michele Alessandrelli
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Sono anni, decenni, forse da ancora
prima di nascere, che chi scrive frequenta da vero appassionato il cinema
de paura, il genere degli sfigati e dei nerd che in comitive segrete,
selezionate accuratamente da una natura maligna, si radunano per contemplare
lo spettacolo del Terribile. Se dovessi dire quante perle
sono riuscito a raccogliere faticando e tribolando davanti allo schermo,
con stupore e malessere sarei costretto a rispondere che non sono più
di un mucchietto striminzito. In effetti il cosiddetto genere horror
presenta caratteristiche molto peculiari che ne fanno, a dispetto di
quello che normalmente si crede, un universo difficile da valorizzare.
Tanto che a volte mi viene da pensare che andrebbe protetto come una
specie in via di estinzione e affidato alle capacità rivitalizzanti
di pochi grandi maestri, non necessariamente specialisti della materia.
Il film (sic) che mi accingo a recensire rappresenta il sequel del recente
remake del cult movie omonimo girato da Wes Craven nel 1977. Se il remake
si faceva apprezzare per le suggestive scenografie postatomiche e per
alcune interessanti torsioni narrative che spiazzavano la spettatore,
il suo sequel si fa invece disprezzare per la capacità inedita
di mortificare anche il più entusiasta dei neofiti del genere.
Un manipolo di soldati della Guardia Nazionale, che è incaricato
di rifornire di materiale un gruppo di fisici nucleari dislocati in
un segretissimo avamposto dellesercito USA in Messico, si trova
a dover fare i conti con una famiglia di deformi ulcerosi e pustolosi,
ultima generazione dei reietti modificati geneticamente dai famigerati
esperimenti nucleari realizzati nellarea suddetta dallesercito
americano in piena guerra fredda. La distanza dellultima generazione
di mostri, protagonista indiscussa del film, dagli eventi che fondavano
la pellicola di Craven e che il remake si è dimostrato capace
di potenziare e sviluppare, segna il vero limite di questa inutile fatica
registica. Il mio computer, mentre scrivo questa recensione, mi rettifica
Craven in Crafen. Ho il sospetto che sia costui, chiunque egli sia,
il vero artefice di questo infelice budino.
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