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Ask the dust,
Usa, 2006
di Robert Towne, con Colin Farrell, Salma Hayek, Donald
Sutherland, Eileen Atkins, Idina Menzel.
Quando cè di mezzo la grande letteratura, il cinema ha
sempre dei problemi ad affermare la sua identità. Nonostante
ogni film abbia il diritto di essere considerato un prodotto culturale
autonomo, quelli legati a un certo tipo di romanzi e racconti tendono
a diventare parte di un mega-ipertesto che comprende il testo da cui
sono tratti ma anche il tipo di fruizione che se ne è fatto e
leffetto che il libro ha generato. Il problema per la critica
diventa quindi quello di scegliere un approccio e specificare che peso
abbia nel giudizio lopera di riferimento.
Chiedi alla polvere di Robert Towne appartiene proprio
a quella categoria di lavori che non riescono ad affrancarsi dalla loro
matrice di riferimento e restano nel mare magnum delle dignitose trasposizioni
cinematografiche. E dato che si parla di trasposizione, è necessario
soffermarsi su quel soave capolavoro che è Chiedi alla
polvere di John Fante. Il terzo e più celebre libro della
saga che vede come protagonista litalo-americano Arturo Bandini
è un indimenticabile romanzo di formazione che racconta la storia
di un giovane aspirante scrittore che fugge dal Colorado per trovare
vita e fortuna a Los Angeles. La Città degli Angeli, nelle sue
speranze, rappresenta il sogno di unesistenza perfetta, il paradiso
in cui amare uomini e bestie, dello stesso amore e scrivere
il romanzo che lo renderà immortale. Los Angeles, però,
è impolverata e non solo a causa del vento che tira dal deserto
del Mojave. La polvere è quella della Grande Depressione degli
anni30, dellintolleranza strisciante verso i niggers
e i latinos e della solitudine degli alberghi di Bunker Hill.
E su queste strade impolverate che Arturo si innamora di Camilla
Lopez, una cameriera messicana non abituata a essere trattata
come un essere umano e in cerca di un marito americano wasp.
Tutti e due sono alla ricerca di un riparo perché la città
li ha resi stranieri già dal momento in cui li ha
accolti. Però, linadeguatezza che sovrasta Arturo rende
impossibile questo amore e libera lentamente la sua parte più
oscura e violenta e la lucidità per guardare alla miseria dellesistenza.
A qualunque livello di lettura, il romanzo di Fante è unimpressionante
esplorazione della vita umana che è arrivata a delle vette liriche
ineguagliabili. Pertanto, confrontarsi con cotanto senno
è già di per sé unimpresa ardua. Towne, da
script doctor esperto e collaudato qual è, per non rischiare
figuracce, mette a punto una sceneggiatura senza fronzoli che segue
scrupolosamente lo sviluppo narrativo del romanzo, senza aggiungere
né togliere niente di essenziale. Gli elementi per riprodurre
il capolavoro, teoricamente, ci sarebbero tutti dal momento che la narrazione
ha di per sé una potenza comunicativa strabiliante. Ma le falle
che si aprono in Chiedi alla polvere-film si trovano
tutte al di fuori della sceneggiatura e riguardano, a una a una, molte
altre scelte di regia. A cominciare dagli interpreti: Colin Farrell/Arturo
Bandini e Salma Hayek/Camilla Lopez. I personaggi che la storia tratteggia,
sia nel libro che nel film, sono infatti delle figure sottili, candide
e imperfette, che suggeriscono in ogni gesto la domanda: Che diavolo
ci faccio qui?. Né Farrell né la pur brava Hayek
hanno le physique du role: va da sé che i loro corpi
hanno tutti i connotati per suscitare pulsioni erotiche e non identificazione.
Risultano poco credibili proprio perché la storia, nel frattempo,
presenta due imbranati che nei fatti concentrano la loro progressiva
incapacità di stare al mondo nella comune goffaggine amorosa
e sessuale e utilizzano il corpo più come una fonte di protezione
che di godimento. Due attori dalle fattezze più umane
avrebbero sicuramente conferito una maggiore adesione al substrato emotivo
ed esistenziale che lo stesso film mette in piedi. Si può pensare
che la scelta è dettata da ragioni commerciali di richiamo:
un mélo con due strafighi chiama al cinema
molta più gente di uno con due impiegati del catasto. Eppure
cè il rischio che lo stesso pubblico si trovi disorientato
a vedere queste contraddizioni e che la trovata si riveli un boomerang
proprio sotto questo profilo.
Un altro tasto dolente è la fotografia perché è
totalmente disomogenea e non riesce a far vibrare gli elementi più
intensi della storia. Da un lato esaspera i toni da bassa fiction sentimentale
accelerando sulla pastosità dellimmagine e dallaltro
spiazza con unopacità degna di un noir altmaniano. Inoltre
Robert Towne, che conosce molto meglio il mestiere di sceneggiatore,
dimostra di avere idee poco chiare anche sulla stessa forma filmica
dal momento che affida alla voce off il commento di molte scene topiche
e di passaggi narrativi essenziali, a ennesima dimostrazione della totale
dipendenza dal registro letterario. Insomma, di pecche ce ne sono, ma
è da riconoscere che non riescono mai a intaccare il senso più
profondo della storia che, nel bene o nel male, viene restituito. Siccome
Chiedi alla polvere di John Fante è molto di più
che il semplice racconto di una storia damore, il solo merito
di aver dato una forma visiva a unopera così importante
arricchendone limmaginario rende il Chiedi alla polvere
towniano un film godibile che, nei suoi momenti più felici, si
fa amare quanto il romanzo.
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