|
Italia, 2003.
di Paolo Virzì, con Sergio Castellitto, Margherita
Buy, Claudio Amendola, Galatea Ranzi.
Anche dietro una storia di formazione adolescenziale non particolarmente
interessante; anche dietro una sceneggiatura troppo attenta alla caratterizzazione
dei personaggi e troppo poco allo sviluppo della trama; anche dietro
un film che a tratti banalizza situazioni e figure proprio nel tentativo
di renderli più originali; anche dietro gli evidenti difetti,
Caterina va in città rimane un film molto interessante.
Prima di tutto a Virzì va riconosciuta la capacità di
saper ricreare quasi come ai bei tempi - dei personaggi/macchiette
assolutamente efficaci, questa volta proprio perché estremizzati,
incarogniti, radicalizzati nella miglior tradizione della commedia
allitaliana: soprattutto i due genitori di Caterina, il
frustrato professore Sergio Castellitto e la casalinga tontolona Margherita
Buy (ancora una volta bravissimi), sono due essermi meschini, squallidi
ed insieme paradigmatici, specchio incrinato e malsano di una nazione
confusa e arrogante, servizievole e testarda, spaventata e sincera.
La grande forza propositiva di questi due personaggi risulta proprio
il loro essere sia veri che macchiette, sempre in bilico
tra quotidiana realtà ed assurda caratterizzazione. Peccato però
che Virzì e il co-sceneggiatore Francesco Bruni non riescano
a dotare di tale spessore anche le figure di contorno, troppo retoriche
nel loro voler essere a tutti i costi metafora di una crisi ideologica,
istituzionale, politica, sociale e di costume; in questo modo vengono
sprecati attori come Claudio Amendola, capace a nostro avviso di tirar
fuori il grottesco della propria parte ben oltre leffettiva resa
della sceneggiatura. Caterina va in città si
propone dunque al pubblico come un film incompiuto ma per certi versi
coraggioso, sinceramente cattivo e non conciliatorio, salvo
poi non riuscire a mantenere questo registro per tutta la sua durata,
e scivolare spesso e volentieri nella situazione facile ed ovvia. Almeno
alla fine il film ci risparmia la tirata moralistica e lascia tutti
confusi e probabilmente sconfitti, o meglio non cambiati rispetto al
punto di partenza. Come a dire: tanto gli italiani non rimangono sempre
quelli! Il messaggio arriva a stento, ma in qualche modo arriva.
Ed è già qualcosa
|