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Usa, 2006
di Brian De Palma, con Josh Hartnett, Scarlett Johansson,
Aaron Eckhart e Hilary Swank
Uno sfregio a forma di riso clownesco, un corpo straziato e sezionato
in due parti, una scena del delitto senza una goccia di sangue: la Dalia
Nera è la vittima di un orrendo crimine, un mistero mai risolto,
che ha riempito i tabloid americani degli anni 50. James Ellroy
ha fatto del caso di cronaca Elizabeth Betty Short la regina
fantasma di un noir in cui fa da sfondo una Los Angeles malsana, dove
tutti, compresi i poliziotti, accettano di farsi corrompere, e dove
cercare lassassinio di un crimine significa scoprire il vaso di
Pandora. Unossessione, quella di Ellroy per la Dalia Nera, che
nasce per sublimare il dolore della morte per strangolamento di sua
madre; un tormento che si trasforma nelle pagine di un intricatissimo
romanzo, dal quale sembra sia stato arduo compiere una transcodifica.
Non è difficile crederlo per chiunque abbia letto una delle sue
opere.
Se nel caso di L.A. Confidential Curtis Hanson insieme
a Brian Helgeland erano riusciti nellimpresa asciugando le lungaggini
e le complicazioni, inventando e rendendo autonomo il film, in questo
caso Friedman non ha avuto la stessa felice intuizione. Lo sceneggiatore
aveva iniziato a lavorare al progetto dal 1997 e con larrivo di
De Palma la scrittura si è davvero trasformata in immagine, i
fantasmi hanno preso corpo. Betty venne sodomizzata e barbaramente uccisa:
eppure al centro della narrazione non cè lei ma una ragnatela
di personaggi e vicoli ciechi che ci portano in giro nella città
dei sogni. Dante Ferretti ricostruisce magistralmente la città
di L.A. negli anni 50 e Vilmos Zsigmond (il Cacciatore)
la fotografa con una pennellata di ambra, più o meno satura a
seconda dellaccento drammatico da dare alla storia. Eleganza e
depravazione: un binomio che contamina anche le vite dei personaggi.
Ognuno mente e rimanda allopposto di sé.
Nelle intenzioni è tutto estremamente affascinante, ma si basa
su un peccato mortale. Scegliendo di mantenere fede al romanzo, per
di più usando la voce narrante del poliziotto Bucky, si è
resa estremamente faticosa limmersione nella dimensione filmica,
troppo complessa e piena di rimandi a personaggi poco visibili. Ad esempio
si fa riferimento allo spaventoso autore dellomicidio della Dalia,
oppure alla back story del poliziotto Lee Blanchard. I personaggi sono
poco esplorati nelle loro compulsioni e corruzioni, come nel caso di
Madeleine e della sua famiglia o dello stesso Lee: lo spettatore non
è coinvolto nella loro sofferenza, tutto è troppo manieristico,
freddo e poco seducente.
E di certo unoccasione mancata per lottima regia di
De Palma che, pur usando la macchina cinematografica da manuale con
gli abituali piani sequenza e gli straordinari movimenti alla Orson
Welles dellInfernale Quinlan con cui ci fa provare
un tuffo al cuore, crea solo un contenitore per un gingillo da vetrina:
bello e totalmente inutile. Possiamo parlare di un noir chic con un
cast hollywoodiano da capogiro (Josh Hartnett, Scarlett Johansson, Aaron
Eckhart e Hilary Swank).
Il film sembra riprendersi a tratti, quando dà fondo alle fantasie
più macabre e morbose: nella sospirata e appassionata scena di
sesso tra la dolce e fascinosa Kay Lake e Bucky Bleichert; nella magistrale
scena dellomicidio di Lee, con ombre che uccidono, ritmo e ambiguità,
nella scoperta del luogo dellassassinio e nei flashback che lo
mostrano, abbastanza crudi. Nelle immagini in bianco e nero dei provini
in cui si vede Betty viva (la voce del regista è di De Palma),
sequenze ampliate proprio per dare maggior spazio alla brava attrice
Mia Kirshner. La sua carica di sensualità ma anche di tristezza
richiamano il mondo degradato ma pieno di sogni delle attricette disposte
a tutto pur di comparire in un pezzetto di pellicola. Proprio queste
atmosfere vengono evocate, insieme alla vita marcia degli speculatori
edilizi del dopoguerra, sfruttatori di ingenue e meno ingenue ragazze,
spiantati boxeur e poliziotti usati per la campagna elettorale, oltre
a un triangolo amoroso, unamicizia, un omicidio, una storia di
lesbiche, un set a luci rosse, una pazzia. Volendo ci sarebbero stati
molti appigli per confronti con la moderna cultura americana. Ma viene
tutto fagocitato nel minestrone di temi e intrecci che nascondono retroscena
e che alla fine non interessano davvero più. Un buffet davvero
troppo proteico. La nota positiva, ma forse è un po poco,
è rappresentata dal cast stellare: le attrici femminili, carnali
e perverse (in particolare la bravissima Hilary Swank), ma anche Aaron
Eckhart, un pò troppo macchiettistico ma volendo, una buona imitazione
del detective Marlowe de il Grande sonno.
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