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Belphégor
- Le fantôme du Louvre, Francia, 2001
di Jean-Paul Salomé, con Sophie Marceau, Michel Serrault, Frédéric
Diefenthal, Julie Christie
Come promesso dal titolo, il fantasma e il Louvre sono i protagonisti
incontrastati del film. Il secondo, ancora sull’onda del progetto di
rinnovamento ‘Grand Louvre’, si colloca all’interno di una specie di
campagna promozionale che sguazza nell’effetto cartolina; il primo ci
viene spiattellato in tutto il suo fiammeggiare a un quarto d’ora dall’inizio,
in palese violazione delle più elementari regole del genere. Alla base
di entrambe le strategie c’è forse l’inquietante nazionalismo dei cugini
d’oltralpe, che oltre a celebrare e cercare di rilanciare il proprio
patrimonio artistico, ci tengono molto a rivaleggiare con le grandi
produzioni americane, lanciandosi in roboanti sforzi (vedi la catastrofica
Giovanna d’Arco di Besson) che rimangono assolutamente incapaci
di gestire: insomma, siccome bisogna far vedere che i soldi per gli
effetti speciali ci sono, vai con il fantasma digitale che svolazza
per due ore, si infila nella prese elettriche, entra e riesce a piacimento
(beato lui) dalla povera Sophie Marceau. Il fatto è che il mito di Belfagor,
almeno sulla carta e a giudicare dalla celebre serie televisiva, dovrebbe
appartenere a un filone gotico fatto di atmosfere e suspence prolungata,
di suggestioni fotografiche e morbosità sotterranee. Il copione del
film procede invece con una fretta inspiegabile e niente è lasciato
all’immaginazione, in nome di un’evidente insipienza narrativa e di
un’ostentazione caparbia dei mezzi produttivi. Chiariamo subito: nessun
genere ha regole fisse e immutabili e qualsiasi regista di genio è e
deve essere liberissimo di stravolgerle. Ma se di genio non si sente
nemmeno l’odore, affidarsi umilmente a moduli collaudati serve almeno
a raggiungere una decenza di fattura che accoglieremmo a braccia aperte:
probabilmente, però, dove manca una briciola di genio è ancora più difficile
trovarne una di umiltà. |