Katharine Hepburn
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a cura di Stefano Finesi

 
  ^ Giovanissima, in un posato che sembra nascondere i tratti fisici che la renderanno celebre, come gli zigomi pronunciati, le lentiggini, il corpo ossuto e spigoloso.


Per la figlia di una suffragetta del Connecticut appare più adeguato il look maschile, che ne esalta la bellezza androgina e la sottile ironia. Manca ancora qualche anno all’arrivo de Il diavolo è femmina (Sylvia Scarlett, 1935), interpretato in gran parte in abiti da uomo


Cristopher Strong
(id, 1933) di Dorothy Arzner. Già emancipata aviatrice nel suo secondo film, ma forse non è proprio il suo genere.


Piccole donne
(Little Women, 1933) di George Cukor. Trampolino di lancio per l’interprete della sorella anticonformista Jo, primo di una lunga galleria di ritratti di donne forti e volitive. Dirige Cukor, inaugurando un sodalizio leggendario che porterà ad alcune delle migliori commedie della Hollywood classica.


Maria di Scozia
(Mary of Scotland, 1936) di John Ford. Algida e rigorosa in un Ford d’annata sulla tragedia di Maria Stuarda.


Susanna (Bringing Up Baby, 1938), di Howard Hawks. Insieme a Cary Grant dopo Il diavolo è femmina e prima di Incantesimo e Scandalo a Filadelfia: i due fanno scintille, Hawks non è da meno, per una delle più effervescenti screwball comedy di sempre. Il “baby” del titolo è il leopardo che Susanna porta con disinvoltura al guinzaglio.


Incantesimo
(Holiday, 1938) di George Cukor (già interpretato a teatro). Una parte perfettamente congeniale quella della figlia ribelle di una ingessata famiglia alto-borghese: soffierà il fidanzato alla sorella antipatica facendo la felicità di entrambi. I duetti con Grant, in nome di una funambolica ribellione all’etichetta, sono da antologia.


Scandalo a Filadelfia
(The Philadelphia Story, 1940) di George Cukor. Una divertita foto di lancio per quello che molti considerano l’esito più alto della commedia sofisticata: Katharine, in una parte scritta su misura per lei, si districa tra tre uomini, per tornare infine, dopo una serie vertiginosa di equivoci, dal marito abbandonato. Premio della critica newyorkese come miglior attrice dell’anno.


Con George Cukor, mentore e regista prediletto, sul set di Scandalo a Filadelfia.


La donna del giorno
(The Woman of the Year, 1942) di George Stevens. Il set galeotto che fece nascere l’amore tra Katharine e Spencer Tracy, una storia lontana dai riflettori (lui era sposato) che pure durerà parecchi anni e parecchi film..


La costola di Adamo (Adam’s Rib, 1949) di George Cukor. Ancora in coppia con Tracy per una commedia protofemminista che fece epoca: i due, sposati ed entrambi avvocati, cominciano a combattere in tribunale e finiscono per farlo anche in casa. L’inevitabile happy end è siglato da lui che grida “Vive la difference!” e tira le tende del letto.


La regina d’Africa (The African Queen, 1951) di John Huston. Lacera e sofferente vicino a Bogart (che vinse l’unico Oscar della sua carriera) in una grande prova d’attori perfettamente orchestrata da Huston.


Improvvisamente l’estate scorsa (Suddenly, Last Summer, 1959), di Joseph L. Mankiewicz. Con il passare degli anni, la Nostra si dimostra perfetta anche per le morbose atmosfere di Tennesse Williams, in compagnia di altri due mostri sacri come Monty Clift ed Elizabeth Taylor.


Indovina chi viene a cena? (Guess Who’s Coming to Dinner, 1967) di Stanley Kramer. Film chiave, anche se decisamente edulcorato, per la questione razziale, con un’anziana coppia liberal scioccata dall’ipotesi di un genero nero. Tracy morirà due settimane dopo le riprese, Katharine vincerà uno dei suoi 4 Oscar (puntualmente non ritirati, accampando sempre scuse diverse)


Torna “El Grinta” (Rooster Cogburn, 1975), di Stuart Millar
Due leggende al tramonto, non senza una buona dose di autoironia e una mai sopita, contagiosa energia.


Lo sguardo spiritato e malinconico, straordinariamente dolce.


Un’incrollabile determinazione e una malcelata ironia: c’è tutta Katharine.