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Da sempre cantore di personaggi perdenti ed autodistruttivi, Abel Ferrara
ha sperimentato nella forma cinematografica, oltre che nella struttura
narrativa, la possibilità di esplicitare la propria filosofia,
estetica e principalmente morale. Autore costantemente pervaso da forti
correnti e tensioni interne, ha saputo regalare al suo pubblico figure
di grande forza e magnetismo, adoperando sempre un cinema precisamente
marcabile, connotativo, attaccato al personaggio: pensiamo alla claustrofobia
metropolitana di opere come Il Cattivo Tenente (Bad Liutenant,
1992), King of New York (id.,1991), Fratelli (The Funeral,
1996). Il carattere principale di pressoché tutti i film di Ferrara
è quello di un uomo costantemente lacerato dalla tensione che
percorre tra le proprie azioni e la propria etica. Quelli di Ferrara
altro non sono che sorte di angeli ribelli e decaduti, che cercano di
ritrovare la salvezza espiando attraverso il peccato e la degradazione.
Mantenendo costante questa poetica, Ferrara ha costruito negli anni
numerose variazioni sul tema, soprattutto per quanto riguarda pura forma
cinematografica. Ma non soltanto: King of New York e Fratelli
ad esempio, seppur diversi nella struttura (corale il secondo, più
incentrato sul carismatico Christopher Walken il primo) hanno un rigoroso
sviluppo narrativo, che porta il climax verso linevitabile e violenta
conclusione. Altre pellicole del cineasta, invece, si mostrano ai nostri
occhi come decisamente sperimentali, anche nella costruzione della sceneggiatura:
cosa dire per esempio dellaffascinante New Rose Hotel (id.,
1998), in cui tutta la seconda parte del film si ripiega sulla prima
e la svela? Muovendosi dunque su un terreno a lui conosciuto, e con
dei personaggi sempre a lui congeniali, Ferrara ha interpretato in modo
originale il cinema americano contemporaneo, seguendone e nello stesso
tempo distruggendone gli stilemi. Tutte le sue opere più recenti
ad eccezione forse di Ultracorpi - Linvasione continua
(The Body Snatcher, 1994) sono film che non seguono un genere
cinematografico ben delineato, ma in qualche modo rimandano al genere
stesso: la fantascienza per New Rose Hotel, lhorror per
The Addiction (id., 1995), il gangster movie molti dei suoi lavori.
Lambiguità della natura delle sue opere, sempre ibride,
mai classificabili in base ad uniconografia precisa, è
in un certo qual modo coerente ed in sintonia proprio con i personaggi
che in quelle opere vengono messi in scena, divisi e dissociati nel
loro essere più profondo. La poesia, nel cinema di Ferrara, risiede
nello stridore, nelleccesso, spesso anche nella più smaccata
perversione. Sotto il profilo perciò della coerenza interna tra
figura rappresentata ed estetica della messa in scena (anche sotto il
profilo visivo), a nostro avviso non cè opera più
riuscita nella filmografia del cineasta di The Addiction: il
bianco e nero contrastato, lurido ed insieme splendente di Ken Kelsch,
collaboratore fisso di Ferrara, esplicita perfettamente la dualità
delleroina Lili Taylor, spinta dallansia di redenzione a
cercare la salvezza attraverso il sangue, fino alla strage finale, culmine
visivo e morale di un viaggio verso gli inferi mai così devastante
e purificatorio.
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