Michael Kamen
Goodbye mr. Kamen
di Giuliano Tomassacci

il Gigante di ferro

 
 
Moderato innovatore responsabile di un’operazione pionieristica sottile e in nessun caso ostentata (forse per questo mai giustamente riconosciuta) Kamen, adoperatosi con efficacia praticamente in ogni ambito artistico durante l’arco della sua intensissima carriera, lascia dietro di sé i preziosi contributi per gli artisti del panorama musicale internazionale più diversi ed esigenti nonché più di settanta colonne sonore affidate alle sue opportune cure da alcuni dei cineasti maggiormente responsabili della modernità cinematografica.
Ed è stato proprio il primo contatto con il media cinematografico ad indirizzare inconsciamente il percorso artistico del compositore, quando, ancora in tenera età, viene letteralmente incantato e sedotto da film quali Via col Vento e Il Mago di Oz. Sempre a pochi anni dalla nascita, avvenuta il 15 Aprile 1948 a New York, Kamen viene immediatamente avvolto in influenze musicali a dir poco variegate. Convinti attivisti liberali, i genitori, oltre che dediti ascoltatori e personali amici di Leadbelly e Pete Seeger, non disdegnano alcun genere musicale, dal rock’n roll al folk passando per la classica. Ancora una volta sensibilizzato alle confluenze stilistiche e formali, il giovane artista cresce dunque nella sua abitazione del Queens apprezzando il beat dei Weavers e i repertori di Brahms, e maturando parallelamente un’adorazione intramontabile per Bach.
L’interesse musicale tutt’altro che passivo esaurisce ben presto il suo stato embrionale permettendo all’evidente predisposizione e al fattivo talento di sbocciare con precocità: agli studi di pianoforte, con cui Kamen ha già iniziato a familiarizzare dall’età di due anni, si aggiungono quelli di chitarra e clarinetto. L’effettiva predilezione e il volenteroso impegno dimostrati nei confronti di quest’ultimo legno rappresentano i definitivi estremi per la motivata considerazione di una carriera musicale, all’avvio della quale i genitori delegano gli insegnanti della New York High School of Music & Art. Fatalmente, l’esame d’ammissione rivela un esito biunivoco minando, da una parte, le aspirazioni coltivate fino a quel momento dal compositore ma instaurando allo stesso tempo i presupposti e le fondamentali condizioni alla base della futura carriera: ritenendo inadeguata la tecnica clarinettistica del giovane allievo – prevalentemente appresa da autodidatta – il docente preposto consiglia senza remore il passaggio allo studio dell’oboe.
Si apre la stagione di maggior impegno accademico di Michael Kamen, culminante nell’approdo alla prestigiosa Julliard School of Music. A trarlo in salvo da una esasperante e sterile fossilizzazione è proprio quella nuova ondata musicale che vede, almeno per il compositore, nei Beatles il suo massimo compimento e lo stimolo salutare ad un atteggiamento finalmente pratico e, in particolare, liberatorio nei confronti dei non indifferenti impulsi compositivi. E’ cosi che dopo le sporadiche partecipazioni in jug band locali (piccole formazioni jazzistiche caratterizzate dalla presenza dello strumento africano jug) Kamen inizia a guardarsi intorno nell’intenzione di riunire una formazione competente e soprattutto abbastanza audace da tradurre in unico linguaggio i propri, multiformi istinti sonori. A questo presupposto si deve, di lì a poco, la genesi del New York Rock And Roll Ensemble. L’iniziale tour di presentazione nei campus di varie università approda ad un contratto con la Atco/Atlantic Records che sigla l’effettiva validità dell’intuizione kameniana alla base del progetto, fondamentalmente indirizzata alla più intrepida coabitazione di ritmi e stilemi rock con intuizioni e trattamenti classico-sinfonici. Sebbene non effettivamente compresi e lodati dalla critica fino all’uscita dell’album Roll Over, i componenti dell’Ensemble riescono ad attrarre l’interesse di Leonard Bernstein che li ingaggia per il concerto dell’8 Febbraio 1968 nell’ambito dei suoi Young People’s Concerts. L’incontro e la frequentazione di Bernstein, da sempre idolo del compositore newyorkese, rappresenta tappa importantissima per l’excursus artistico di Kamen e per la sua introduzione al trattamento orchestrale.
Nonostante le simultanee esperienze come turnista e collaboratore alle canzoni del rock-western Zachariah (1971, di G.Englund), sarà proprio questa pratica d’orchestrazione, dopo lo scioglimento del gruppo nel 1972, ad assicurare a Kamen l’attenzione dell’Harkness Ballet, che l’anno successivo lo scrittura per la stesura di un balletto. “Rodin Mis En Vie”, prima fatica nell’ambito della danza del compositore a cui si aggiungeranno negli anni ben altri dieci lavori, vede così la luce e nuovamente l’eclettico destino dell’artista si adopera nell’impresa di non adagiarlo alle cure di un unico genere: alla prima del balletto è infatti presente David Bowie. Il rocker, impressionato dalla fattura della composizione, coinvolge Kamen nel suo tour-teatrale, “Diamond Dog”, in veste di direttore musicale.
Questo fondamentale exploit carrieristico, viene affiancato solo pochi anni dopo dall’altra grande attitudine di Kamen, la composizione per il cinema, grazie al lungometraggio The Next Man (Il Prossimo Uomo, 1976, di R.C.Sarafian). Registrata in sole tre ore di sessione, la colonna sonora garantisce l’inizio di un’occupazione continuativa nell’industria cinematografica senza però sollevare il giusto richiamo sulle doti espressive del musicista; richiamo che arriverà soltanto nove anni dopo, tra l’altro sempre grazie ad una intermedia ed ulteriore prova nel territorio moderno, questa volta rappresentata dalla ormai storica collaborazione del musicista con i Pink Floyd per l’album The Wall del 1979. In collaborazione con Bob Ezrin, Kamen provvede con successo all’aspetto sinfonico del progetto, registrando l’orchestra a New York mentre il gruppo - che tornerà ad usufruire del compositore per The Final Cut e The Division Bell, sfruttandolo al meglio anche come tastierista - incide in Francia. Tra i collaboratori dell’operazione, a rimanere sinceramente colpito dalla forma kameniana è soprattutto il percussionista Ray Cooper che esorta il regista Terry Gilliam a considerarlo per le musiche del suo particolarissimo Brazil.
Con l’assenso di Kamen ad occuparsi del lungometraggio, si arriva alla prima significativa svolta del compositore in ambito cine-musicale; in perfetta concordanza con l’approccio visionario di Gilliam, le musiche redatte dal compositore definiscono un’esito di rara compiutezza che infatti sarà siglato dal compositore come la sua “più soddisfacente partecipazione ad un film”.
Analogamente agli eventi responsabili di quella prima consacrazione alla scrittura per le immagini, la seconda, e forse più rilevante legittimazione all’ambiente hollywoodiano si offre al compositore sempre grazie all’influenza di un lavoro precedentemente composto e relativamente misconosciuto a causa della sua matrice televisiva, The Edge Of Darkness, che utilizzato come temp-track per il premontato di Lethal Weapon (Arma Letale, 1987, di R.Donner) assicura il musicista al film, insieme ad Eric Clapton (coautore delle musiche per la miniserie). Lo score finale, a cui prende parte anche David Sanborn, accorda a Kamen l’incondizionata fiducia dell’industria mainstream. In particolare, il personalissimo blend classico/contemporaneo diventa scenario musicale largamente richiesto per affreschi urbani ed action-movie, settori in cui, peraltro, il compositore dimostra nel tempo agile adeguamento grazie a produzioni come Die Hard (1988, di J.McTiernan), Someone to Watch Over Me ( Chi Protegge Il Testimone, 1987, di R.Scott ), Licence To Kill ( 007 Vendetta Privata, 1989, di J.Glen ), Last Action Hero (L’Ultimo Grande Eroe, 1994, di J.McTiernan) e, non ultimi, i tre capitoli successivi al film di Donner.
Non mi sveglio mai la mattina pensando ad inseguimenti automobilistici, fortunatamente il mio risveglio è fatto di dolci melodie, e queste sono quelle che preferisco”. Questa dichiarazione dello stesso compositore, rileva comunque un prediletto orientamento che si concretizza ampiamente nell’intimismo pianistico di The Winter Guest (L’Ospite D’Inverno, 1998, di A.Rickman), nell’afflato malinconico di Inventing The Abbots (Innocenza Infranta, 1997, di P.O’Connor) e nella candida ingenuità di The Iron Giant (Il Gigante Di Ferro, 1999, di B.Bird), preziosa incursione nel settore d’animazione.
Eppure l’eclettismo estetico di Kamen aveva già da tempo palesato la sua incontrovertibile estensione nonché l’originalità dei risultati quando sollecitato da opere di maggior caratura narrativa, soprattutto se alimentate da un autentico respiro epico. Sono infatti pagine come quelle scritte per Highlander (Highlander-L’Ultimo Immortale, 1986, di R.Mulcahy), The Three Musketters (I Tre Moschettieri, 1993, di S.Herek) e Robin Hood: Prince Of Thieves (Robin Hood: Principe Dei Ladri, 1991, di K.Reynolds) a favorire l’eruzione del più genuino stile kameniano, un linguaggio sfolgorante nella sua costruzione melodica, accattivante nelle sue attraenti digressioni ritmiche, assolutamente notevole nelle elaborate scelte d’orchestrazione (sempre supervisionate, se non personalmente curate, dall’autore) – una forma, insomma, che non trova migliore descrizione se non nelle stesse indicazioni d’esecuzione distribuite sulla partitura per il segmento “Training Montage” del film di Mulcahy: Potente, Distante, Elegante. Al curriculum del musicista non mancano comunque prove in territori cinematografici maggiormente disturbanti e meno accomodanti, bisognose di una calligrafia spesso più complessa e laboriosa come Suspect (Presunto Colpevole, 1987, di P. Yates), influenzato dal peculiare vocabolario herrmanniano, e, specialmente, The Dead Zone (La Zona Morta, 1983, di D.Cronenberg). Altre incursioni in ambiti musicali estranei al tradizionalismo del film scoring statunitense, includono la prestazione filo-tzigana per l’esordio alla regia di Robert Duvall, Angelo My Love (1983) e, nel 1995, il formidabile score elaborato per Don Juan De Marco. Per l’occasione, Kamen ricorre nuovamente alle liriche e alla voce di Bryan Adams, già coinvolto per l’interpretazione, meritevole di un Emmy Award, del brano Everything I Do (I Do It For You) per Robin Hood, confermando il cantante come uno dei più affini tra gli artisti pop frequentati durante un percorso collaborazionistico disseminato di nomi come George Harrison (Shanghai Surprise), David Stewart (Rooftops-Combat Dance), Herbie Hancock (Action Jackson), Orbital (Event Horizon), Queen (Highlander) e i Chieftains (Circle Of Friends). Opere concettualmente e formalmente molto distanti tra loro che definitivamente attestano l’inesauribilità di una vena artistica e di una immedesimazione creativa incontenibili, che arriva ad identificarsi senza problemi anche con l’heavy metal dei Metallica, grazie alla collaborazione per il tour “S&M”.L’album tratto dall’operazione, dove naturalmente Kamen figura ancora una volta come adattatore sinfonico e direttore della San Francisco Symphony Orchestra, raggiunge i vertici delle classifiche e regala al compositore il suo terzo Grammy Award (per il brano “The Call of Ktulu”).
Il secondo riconoscimento da parte della critica americana di settore era arrivato nel 1996 per la lodevole applicazione del musicista al film Mr.Holland’s Opus (Goodbye Mr.Holland, di S.Herek), alla lavorazione del quale Kamen subentra in maniera assolutamente permeante non solo nelle fasi di scoring, ma anche in quelle di pre-produzione (il musicista istruisce l’attore Richard Dreyfuss alla direzione d’orchestra) e di livello intermedio (nel finale Holland dirige Kamen – nella fattispecie la Sinfonia Americana, specificamente composta per il film e destinataria del Grammy). La sollecitazione operata dall’opera di Herek e la casuale scoperta della inadeguata educazione musicale all’interno dell’organismo scolastico americano, spingono il compositore a fondare, insieme allo stesso Dreyfuss, la Mr.Holland’s Opus Foundation con lo scopo di donare fondi e strumenti musicali alle scuole più disagiate.
L’interesse alla divulgazione e all’insegnamento musicale trovano maggiore dimostrazione nell’insegnamento presso i corsi di musica da film della Royal Academy of Music di Londra, città da sempre prediletta dal compositore e conseguentemente eletta a fisso domicilio. Ma anche città nella quale, il 18 Novembre 2003, un colpo apoplettico pone fine alle tribolazioni causate da una sclerosi multipla diagnosticata già da sei anni ma resa ufficialmente nota solo due mesi prima del decesso in occasione dell’accettazione del premio Dorothy Corwin Spirit of Life Award.
La morte non lo trova rassegnato o arrendevole. Al momento del decesso Kamen era più attivo che mai, avendo da poco completato le registrazioni dello score per il western di Kevin Costner Open Range e indaffaratissimo nella stesura di altri due commenti. A sopravvivergli sono la moglie Sandra e i due figli Sasha e Zoe. Personalità positiva, gioviale ed entusiasta – doti che hanno portato di recente un giornalista statunitense a definirlo “l’uomo più felice, dolce e gentile” che avesse mai incontrato – il Maestro rimarrà nella sua arte un’icona di dedizione e di rinfrancante ottimismo. Difficile infatti non ricordarlo sempre sorridente e vitale nelle sue numerose apparizioni pubbliche, che si trattasse di un concerto dell’Unesco, del Queen Jubilee di Buckingham Palace o delle prime due edizioni del Pavarotti and Friends.
In un’ultima analisi della sua impressionante esperienza artistica, non è difficile constatare come al rendezvous con il proprio destino, Kamen abbia in qualche modo chiuso in scacco matto la partita con la morte: contro gli appena 55 anni di cui quest’ultima si è impossessata, ci sono almeno tre generazioni beneficiate dal patrimonio musicale dell’artista.

Questo articolo verrà pubblicato in una forma più estesa
sul numero cartaceo della rivista Colonne Sonore

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