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id.,
Ita/Uk, 1966
di Michelangelo Antonioni, con Vanessa Redgrave, David Hemmings, Sarah
Miles
Spesso il cinema ha saputo fotografare le qualità di un'epoca
e le ha consegnate ai posteri meglio di qualunque altra forma d'arte.
Raramente però è riuscito a farlo in maniera così
trasversale e realistica come Michelangelo Antonioni.
In una delle sue frasi più celebri dichiarava: "Penso
che gli uomini di cinema debbano sempre essere legati, come ispirazione
al loro tempo. Non tanto per esprimerlo nei suoi eventi più crudi
e più tragici, quanto per raccoglierne le risonanze dentro di
se". Da questo punto di vista Blow up è
un documento essenziale per comprendere tante sfumature spesso sottovalutate
di quella Swinging London di metà anni '60 che Antonioni
si limita a descrivere, tramite gli occhi distaccati di un fotografo.
In tutto questo la colonna sonora assume un ruolo determinante, che
va ben al di là del semplice commento alle scene, e la scelta
di Herbie Hancock non fu per nulla casuale. Il musicista infatti, che
già era parte integrante del celebre quintetto di Miles Davis
(con Ron Carter al contrabbasso, Tony Williams alla batteria e Wayne
Shorter al sax tenore), avrebbe partecipato di lì a poco alla
rivoluzione del jazz-rock, e quindi all'inizio della grande stagione
di contaminazione dei linguaggi, l'era moderna per intenderci. Le musiche
di Hancock sono uno dei primi esperimenti - non dimentichiamoci che
era il 1966 - di "funky-beat-jazz" psichedelico. Del resto
anche Antonioni era un grande contaminatore, capace di far coesistere
nello stesso film stili cinematografici diversissimi (dal documentario,
al giallo, al racconto onirico-psichedelico), con l'attitudine che lo
ha reso uno dei registi più moderni di questi ultimi cinquant'anni.
Le sue trame sembrano tendere a una successione di eventi apparentemente
casuali, senza sbocchi. In questo caso il culmine è la celebre
scena dell'esibizione degli Yardbirds, con un Jimmy Page giovanissimo
e un Jeff Beck incazzato che sfascia la chitarra e la getta al pubblico.
Il brano suonato dagli Yardbirds è "Stroll On" (una
versione rielaborata di "Train Kept A-Rollin"), uno dei più
dirompenti e seminali di quegli anni, che contiene tutti i germi del
punk, con almeno dieci anni di anticipo. Già solo per il valore
storico (sono rarissimi altri filmati degli Yardbirds) questi tre minuti
e mezzo assumono un tono quasi epico, mostrando senza mezza misure uno
spaccato della vita nei club londinesi dell'epoca (in qualche maniera
la club culture nasce in quel momento), e soprattutto evidenziando la
violenza della musica garage. Sarebbe bastata questa sequenza ad Antonioni
per regalare alla posterità uno dei documenti più significativi
e pregnanti di un importante momento storico, descrivendo semplicemente
dei fatti, senza falsa retorica.
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