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Basic Instinct,
sceneggiatura di Joe Eszterhas, 106 pagine, 1992
LT. WALKER
(after a long beat, sadly) You just can't tell about people,
can you. Even the ones you think
you know inside-out.
Il mito dello script miliardario
La prima vera stella della sceneggiatura é stato il leggendario
Paul Schrader. La sua sceneggiatura d'esordio, Yakuza, da un
soggetto del fratello Leonard, gli fruttò 325.000 dollari, una
cifra record nel 1975. Davvero un curioso battesimo per un autore da
sempre considerato controcorrente, spesso addirittura anticommerciale.
Antitetica la carriera di Joe Eszterhas, ad oggi il più pagato,
e in assoluto il primo a superare in fama i registi coi quali ha lavorato.
Ex giornalista del Rolling Stone, Eszterhas aveva già
alle spalle un'eterogenea produzione - F.I.S.T., Flashdance,
Betrayed, Music Box - quando il suo "Basic Instinct"
fu acquistato dalla Tristar per una cifra che le fonti attestano tra
gli 1,5 e i 3 (ma i più dicono 4) milioni di dollari. Diretto
da Paul Verhoeven nel '92, il film provocò un terremoto mediatico
per l'alto contenuto di sesso e sangue e, secondariamente, per un presunto,
criticamente inammissibile, oltraggio a Hitchcock. A distanza di quasi
dieci anni, sulla base dei lauti incassi e delle scene ormai divenute
cult, il prezzo pagato per questo script non dovrebbe stupire. Se non
per un dettaglio.
La sequenza più famosa, la sforbiciata di gambe che tutti abbiamo
citato almeno una volta nella vita - apparentemente il vero valore aggiunto
dello script - nella sceneggiatura in questione proprio non c'è.
Pagina Uno
Eppure con questo script Eszterhas ha segnato uno spartiacque nel mondo
della scrittura per il cinema. E non solo sul piano delle quotazioni.
Prima di Basic Instinct molti story analist individuavano in
quindici pagine il limite entro il quale uno script deve suggerire le
sue potenzialità. Dopo Basic Instinct questo numero si
é drammaticamente ridotto a uno (per fortuna non definitivamente).
Una pagina per imbucare la promessa di una storia.
La prima pagina di Basic Instinct - nel film la scena dei titoli
- ha fatto storia per la semplicità con cui riassume la sua promessa
di sesso e sangue, già annunciata dal titolo: una donna fa l'amore
con un uomo. Poi lo uccide. Semplice, ma a quanto pare per niente scontato.
Catherine Vs Nick
Certo, le promesse vanno mantenute. Ed Eszterhas lo fa con un racconto
che a pagina 15 ha già introdotto tutti i personaggi, tutti gli
attrezzi di scena (rompighiaccio, coca, sciarpe di Hermés), tutte
le premesse del mistery e tutte le plotline. Tranne una.
La convocazione in centrale della sospettata Catherine Tramell, e ancor
prima, a pagina 16, l'intuizione di Nick sul rifiuto dell'avvocato,
introducono il conflitto principale, quello tra il protagonista e la
sua "ombra". Eszterhas si muove sul binario indagine/seduzione,
subordinando la ricerca della verità su Catherine allo svelamento
del lato oscuro di Nick.
Ben presto arriveremo a chiederci se Nick crede nella colpevolezza di
Catherine in base alla sua, o se, viceversa, Catherine stia cercando
di dimostrare quella di Nick per celare la propria. Questa plotline
interviene a dare senso e unità a tutte le altre, finora mossesi
parallelamente. Così, a pagina 32, il secondo atto si apre con
Nick che comincia a pedinare Catherine che, a sua volta, lo sta usando
come personaggio per uno dei suoi pericolosi romanzi; le rispettive,
ingombranti backstory riaffiorano. Un crescendo di scoperte e battute
memorabili ci porta fino all'omicidio di Nielsen, a metà del
secondo atto, che pone Nick nella stessa posizione di Catherine - letteralmente:
nella stessa interrogation room a dare le stesse risposte alle stesse
domande. Sospettato, estromesso dalle indagini, potrà però
penetrare più a fondo (di così si muore!) nella vita di
Catherine e, per la prima volta, presumere la di lei innocenza. Certo,
potrebbe trattarsi dell'ennesimo gioco della Dottoressa Tramell, ma
intanto vecchi e inediti sospetti prendono corpo. Quando nel terzo atto
la situazione di Nick si farà mortalmente pericolosa, alcuni
di questi sospetti si riveleranno più che fondati. O no?
Questo "O no?" é il punto di non-arrivo di una trama
sapientemente costruita, la non-conclusione di un film che ha avuto
il coraggio e l'abilità di estremizzare situazioni e atmosfere
tipicamente hitchcockiane. Un'operazione giudicata poco rispettosa da
molti puristi del maestro inglese, forse dimentichi del fatto che Sir
Alfred é stato uno dei cineasti più scabrosi della sua
epoca.
Hitchcock docet
Se da un lato possiamo solo immaginare fino a che punto si sarebbe spinto
Hitchcock nel 1992 ("La classica scena del semplice bacio oggi
sarebbe guardata con sufficienza dagli spettatori giovani",
dichiarava a proposito della "scabrosa" scena d'apertura di
Psycho), dall'altro é utile constatare quanto la sufficienza
critica che ha accompagnato Basic Instinct ricordi le perplessità
che puntualmente accoglievano i suoi film. L'omaggio di Basic
Instinct risulta più sincero, corretto e riverente di
quelli depalmiani, per tacere delle tante e tematicamente stonate "citazioni"
di circostanza (vedi L'esercito delle dodici scimmie). Invece
di limitarsi a ciclostilare il Maestro nel découpage e nei movimenti
di macchina, Basic Instinct punta sulla struttura narrativa,
sulle tematiche e soprattutto sullo stesso, nerissimo humour.
L'iperpubblicizzato parallelismo con La donna che visse due
volte (Vertigo, 1958) si ferma in realtà alla superficie
dell'ambientazione, San Francisco, e al fatto, probabilmente casuale,
che Vertigo é stato l'unico film di Hitchcock ad avere
per protagonista un (comunque ex) poliziotto. Il personaggio di Catherine
é una naturale evoluzione dell'archetipo biondo hitchcockiano,
non é né Grace Kelly, né Tippi Hedren, né
tanto meno Kim Novak. Hitchcock giustificava la scelta di attrici "bionde
e sofisticate" con la necessità di rappresentare "donne
di mondo, delle vere signore che diventano delle puttane quando sono
in camera da letto".
E la controllata-ma-sfacciata, gelida-ma-calda Catherine spinge semplicemente
al parossismo questo suo alter ego femminile. Il non-movente che più
volte le viene attribuito nel corso della vicenda, "vedere se riesce
a cavarsela", é lo stesso dei protagonisti di Nodo alla
Gola (Rope, 1948), guarda caso una coppia di omosessuali assassini.
Il rapporto tra omosessualità e delitto sarà anche politicamente
scorretto (le associazioni gay si sono rivoltate all'uscita di Basic
Instinct), ma era di fatto uno dei temi prediletti da Hitchcock.
Infine, il meccanismo drammatico é mutuato dal Il sospetto
(Suspicion, 1941), tratto dal romanzo "Before the Fact", di
Francis Iles (alias Anthony Berkeley) e sceneggiato da Samson Raphaelson,
Joan Harrison e Alma Reville.
Ne Il sospetto, Hitchcock applica la sua già sperimentata
teoria della suspense allo svelamento dei personaggi. Hitchcock sosteneva
che "per produrre suspense nella sua forma più comune,
é importante che il pubblico sia perfettamente informato di tutti
gli elementi in gioco". Meglio poi, aggiungeva, se alcuni
di questi elementi sono oscuri agli stessi personaggi. Ne Il sospetto
Hitchcock sembra rinunciare a questo dispositivo, costringendoci a spartire
le stesse, parziali informazioni di Joan Fontaine. In realtà
la "sospensione" c'è, ed é quella del giudizio.
Così, mentre in Sabotage (1936) vorremmo avvertire il
piccolo Steve che si sta portando appresso una bomba a orologeria, qui
siamo ancora più impotenti. Appena stiamo per correre in aiuto
di Joan Fontaine, qualcosa interviene a dirci che siamo paranoici proprio
come lei. Quando cominciamo a pensare che dovrebbe fidarsi di Cary Grant,
ecco che lui attacca con quegli strani discorsi sui veleni. Questo tecnica
narrativa, che Eszterhas rielabora, é più di una semplice
intermittenza di informazioni. I sospetti si alimentano a vicenda, la
posta in gioco si alza. A metà de Il sospetto non ci chiediamo
più se Grant sia un playboy innamorato o un cinico cacciatore
di dote, bensì se sia un playboy innamorato che ha bisogno d'aiuto
oppure un cinico cacciatore di dote disposto ad uccidere. Così,
in Basic Instinct, sia la presunta innocenza che la probabile
colpevolezza di Catherine acquistano implicazioni sempre maggiori. Già
Il sospetto lega in misura inversamente proporzionale lo svelamento
dell'antagonista a quello del protagonista. Il lato oscuro di Nick é
l'equivalente della psicosi di Joan Fontaine. E in entrambi i film l'antagonista
"gioca" - se innocentemente o meno non ci é dato saperlo
fino alla fine - con questo "difetto fatale" del protagonista.
Per il suo film Hitchcock avrebbe voluto un finale diverso, nel quale
Cary Gant si rivela effettivamente colpevole; cosa che non gli fu autorizzata
perché all'epoca una star non poteva essere un assassino. Riconoscente
per il "prestito", e complici i nichilisti anni '90, l'autore
di Basic Instinct si é premurato di accontentarlo.
Verhoeven's touch
Eszterhas non é ovviamente il primo a omaggiare questo particolare
tipo di intreccio. Lo stesso Verhoeven vi si era cimentato nel visionario
Il quarto uomo (De Vierde Man, 1983), scritto da Gerard Soeteman
da un racconto di Gerard Reve. Precedente non accidentale, rispetto
al quale Basic Instinct é un tributo più coerente e affettuoso
anche grazie al tocco del regista olandese.
Una caratteristica dello script é la musica, che Eszterhas "suggerisce"
nelle scene clue. Nella prima scena di Basic Instinct Johnny
Boz e la sua misteriosa amante si accoppiano al ritmo di Sympathy
for the devil dei Rolling Stones. E gli Stones ritornano con Miss
You al Johnny Boz's club, e dopo, durante il match di sesso tra
Nick e Catherine, con Love in Vain, Monkey Man, Wild
Horses. Nel climax della stessa scena (così come nell'ultima)
ritorna Sympathy for the devil. In sceneggiatura Nick e Catherine
cominciano ad accoppiarsi sul pavimento del club, mentre la "scopata
del secolo" é costruita attraverso dissolvenze, e suggerisce,
anche attraverso le canzoni, un rapporto lungo quanto un intero LP.
Verhoeven ignora tutto ciò, lasciando che ad ammantare l'intero
film siano le spirali musicali di Jerry Goldsmith, in puro stile Bernard
Herrmann. Una scelta fondamentale, che oltre ad avvolgere di suspense
sonora anche le scene di sesso-e-pericolo, elimina un sottotesto satanicheggiante
(il Johnny Boz's club é tra l'altro una chiesa sconsacrata) non
necessario e per nulla hitchcockiano. Quanto a citazioni visive, poche,
innocue e volutamente kitsch, Verhoeven si rifà soprattutto a
Psycho. Qui andiamo dalla sedia a dondolo sulla quale Catherine
piange la morte di Roxy,alle angolazioni dei fendenti col rompighiaccio
nella scena iniziale e in quella dell'ascensore, dove Verhoeven sembra
però "citare la citazione" di De Palma in Vestito
per uccidere. Pur seguendo la sceneggiatura quasi alla lettera,
Verhoeven taglia un'intera scena che precede la scoperta del passato
criminale di Roxy, nella quale Nick si sveglia accanto a Catherine dopo
una notte passata a "consolarla" per la morte dell' "amica";
nel corsodi un breve dialogo interrotto dalla telefonata diGus, Catherine
confessa di aver effettivamente pagato Nielsen per avere i dossier riservati
su Nick. La rinuncia a questa scena esplicativa non solo lubrifica l'azione,
ma, trattandosi di una storia a finale aperto, getta una luce ancora
più sinistra su tutte le sue possibili interpretazioni.
Un altro intervento registico riguarda la scena che segue l'interrogatorio
di Nick. Nick si scusa con Beth per averla bistrattata la sera precedente.
Lei sorride, dichiara di essere cresciuta e di aver imparato ad incassare.
Lo script si ferma qui, mentre nel film, appena lui volta le spalle,
lei torna improvvisamente e mortalmente seria. E' un dettaglio importante
perché contribuisce a impiantare il "lato oscuro" di
Beth rendendo meno improbabili i futuri sviluppi che la riguardano.
Meno importante ma efficace l'idea del portachiavi. Nello script le
tasche di Beth risulteranno vuote, ma dato che le chiavi ricorrono nel
corso della storia, Verhoeven ha deciso di giocarci. Altrettanto dicasi
per la foto che ritrae Beth e Catherine al college, un particolare che
ribadisce il passato legame tra le due. Molto meno importante, e certo
non dettata da esigenze di coerenza drammatica, é invece la scelta
di "ampliare" la scena di non-amore tra Nick e Beth.
Sul piano del ritmo, Verhoeven accentua la cadenza interno-esteno/notte-giorno
già ben impostata in sceneggiatura. Sceglie così di ambientare
in esterni la scena in cui Gus tenta per l'ultima volta di riportare
Nick alla realtà. Scritta da Eszterhas é una solo statica
conversazione, quasi una pausa nel crescendo finale. Verhoeven la anima,
la fa muovere, con Nick che si allontana mentre Gus gli grida dietro
"Sei un coglione! ".
Infine, la scena incriminata. Il mistero della sforbiciata
Posto che senza questo ingrediente Basic Instinct non sarebbe
stato lo stesso, é interessante vedere come Eszterhas aveva immaginato
la scena dell'interrogatorio. Anzitutto, alternando stacchi e dissolvenze,
lo script suggerisce un lungo terzo grado. Nel film le battute sono
le stesse, ma Verhoeven le ritma come un unico, veloce botta e risposta.
Un altro intervento riguarda la tensione sessuale della scena. E' Verhoeven
a contrapporre Catherine a un gruppo di soli uomini, laddove lo script
prevede, tra questi, una giovane stenografa. Come già accennato,
la sforbiciata, non c'è. Il planting per la battuta di Catherine
nella scena successiva ("You know I don't like to wear any underwear,
don't you, Nick?"), si colloca, nelle intenzioni di Eszterhas,
nella scena precedente a quella dell'interrogatorio, dove Nick, attraverso
uno specchio, vede Catherine "entrare in qualcosa di più
appropriato". L'intervento di Verhoeven, che va a sostituire un
semplice sorriso tra "Have you ever fucked on cocaine?"
e "It's nice", si impone come ideale punto centrale
della sequenza formata da queste tre scene.
Contribuendo a dare un'impronta voyeuristica maggiore rispetto allo
script (a tutto vantaggio dell'effetto-Hitchcock), e tratteggiando in
maniera più marcata il personaggio di Catherine, l'intera scena
si impone come il marchio di fabbrica di un regista che si é
fatto conoscere, in Europa come negli Stati Uniti, per lo sguardo "spigoloso"
della sua macchina da presa.
Quanto allo script, il suo valore commerciale é da ricercarsi
evidentemente altrove, probabilmente nel talento di Joe Eszterhas. "O
no?" Catherine c'est moi
L'antitesi tra il pioniere Schrader e il rampante Eszterhas prosegue
purtroppo anche negli sviluppi delle rispettive carriere. Mentre Schrader
si é progressivamente rarefatto, allontanandosi dal mainstream
avvolto da un alone di leggenda, Eszterhas ha fatto parlare di sé
per gli anticipi miliardari ricevuti per i tre film successivi, nessuno
dei quali ha però nemmeno echeggiato il successo di Basic
Instinct. E questo nonostante il proseguimento del sodalizio con
la Stone (protagonista in Sliver) e con Verhoeven (regista di
Showgirls). Se Sliver (1993), da lui anche prodotto, non
é andato poi così male con una semplice nomination ai
Razzies (gli oscar del trash), Showgirls (1995) è stato
l'inizio della fine. Snobbato dal pubblico, considerato dalla critica
il film più brutto dell'anno, vince nel '96 il Razzie per la
peggior sceneggiatura, battendo in dirittura d'arrivo un altro film
scritto e prodotto dallo stesso Eszterhas, Jade.
Così, mentre lui diventa "personaggio", il suo ultimo
film, Hollywood Brucia (An Alan Smithee Film: Burn Hollywood
Burn, 1997), del quale é sceneggiatore, co-interprete e co-autore
di una canzone, sprofonda velocemente nell'oblio dell'home video a causa
di presunti "problemi distributivi". Non prima, naturalmente,
di avergli visto assegnare la palma di "peggiore" in tutte
e tre le categorie sopra citate più quella per la "peggior
star emergente".
Un sigillo a questa parabola discendente sembra averlo apposto lui stesso
con la pubblicazione di American Rhapsody, un memoriale nel quale
ci "rivela" la Hollywood dell'era Clinton, con particolare
attenzione per Sharon Stone e lo stesso Clinton. Il libro-gossip ha
avuto successo, e manco a dirlo i diritti per la serializzazione sono
stati subito acquistati da Talk Magazine (di proprietà della
Miramax). Gli hanno però fruttato la quasi offensiva somma di
45.000 dollari, forse a conferma del fatto che il libro di memorie scandalo
é una tappa obbligata sul viale del tramonto. "O no?"
Invitata a dare un giudizio sull'uomo che osò accusarla di arrivismo
a mezzo sesso, Sharon Stone dichiarava: "Non riuscirete a farmi
dire niente di cattivo su Joe Eszterhas. Non dimenticatevi che é
lui Catherine Tramell".
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