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Con Dottor House - Medical
Division, Bryan Singer, questa volta non più come regista
(eccetto qualche episodio), ma come produttore esecutivo, porta sul
piccolo schermo un nuovo supereroe: dopo gli X-Men
e Superman Returns, è il turno di Gregory House.
Brizzolato, burbero, scontroso e claudicante, è assai lontano
- fatta eccezione per due intensi occhi azzurri che spiccano su un viso
contornato da una barba perennemente incolta - dal muscoloso stereotipo
in calzamaglia che chiunque si immagina, ma anche da quello del rigoroso
medico in camice bianco: il più delle volte lo vediamo in jeans,
maglietta e scarpe da ginnastica. Ma allora, perché chiamarlo
eroe?
Il Dottor House lavora al Princeton-Plainsboro Teaching Hospital ed
è il miglior diagnosta in circolazione (stando al telefilm il
miglior medico sulla faccia della terra!) in quanto capace di riconoscere
le malattie più impossibili e complicate. Ma non si tratta solo
di questo: oltre ad individuare il male, egli, il più delle volte,
lo debella restituendo vita e speranza a chi sembrava perduto.
Quando riesci a capire, visualizzare e curare qualsiasi malattia, hai
forse bisogno daltro? In apparenza no, ma quella del burbero dottore
è solo una facciata: andando a scavare si scopre che anche House
è umano e che in fondo ha bisogno di compagnia perché,
come tutti, ha paura della solitudine nonostante dichiari costantemente
il contrario. Nel suo lavoro, infatti, non è solo, ma circondato
da unottima e preparata equipe medica formata dalla dottoressa
Cameron e i dottori Chase e Foreman; si serve più che frequentemente,
inoltre, dell aiuto professionale - ma soprattutto etico
e morale - del dottor Wilson, il suo miglior amico, e dei permessi strappati,
in modo più o meno consono, alla dottoressa Cuddy.
Pochi personaggi, dunque, che però coprono un ampio spettro dei
caratteri umani: ognuno con la sua specializzazione, ognuno col suo
ruolo, ognuno diverso; come i pezzetti di un puzzle che House stesso
sta costruendo, sono tutti necessari, e nessuno, infatti, può
essere licenziato. Mentre Cameron sembra essere la portavoce di moralità
e legalità, nonché di un certo buonismo e senso di compassione
che le viene spesso rimproverato, Foreman e Chase sono in qualche modo
antitetici: il primo, nero, viene dalla strada con un passato non facile
e, con il progredire delle puntate, si accorge - spaventandosi
- di essere molto simile ad House (ma forse lo era fin dallinizio
senza saperlo); il secondo, invece, è il classico bel ragazzo
biondo e con la faccia pulita, per di più ricco e con un passato
in seminario, che rischia più volte il licenziamento e che non
è così fedele al suo mentore come gli altri. Il dottor
Wilson e la Cuddy, poi, sono quelli che più si avvicinano ad
avere un rapporto paritario con lui, sono quelli con cui
House si scontra di più ma sono anche le persone con cui riesce
a condividere qualcosa che non sia semplicemente per obblighi lavorativi
ma che si estenda anche al campo degli affetti.
Quindi, ricapitoliamo: cosa cè di così nuovo, di
così diverso, di così allettante nella serie Dr
House? Perché è diverso da tutti gli altri numerosi
telefilm ambientati in ospedale? Perché in Italia - come naturalmente
in America - ha avuto un successo tale che recentemente è stato
spostato di palinsesto venendo promosso in prima serata su Canale5?
Sorprendenti risultano in particolar modo i dialoghi, che oscillano
dal frequente botta e risposta ironico-sarcastico alla vera e propria
apologia: House, Wilson e la Cuddy (come in maniera minore anche gli
altri membri dellequipe e a volte anche i pazienti) non si risparmiano
nessuna occasione per mettere in chiaro le loro posizioni e i loro pensieri,
il più delle volte totalmente discordanti. Ma è proprio
questo il punto di forza, il carattere innovativo della serie: soprattutto
nei dialoghi con Wilson, nelle loro accese discussioni e durante i loro
più che frequenti battibecchi, House dà il meglio (o il
peggio, a seconda di come lo si intenda) di sé. Wilson è
colui che più ne mette a nudo la personalità, quello che
lo conosce meglio e che cerca in ogni modo, nel bene e nel male, di
stargli vicino; House ne è perfettamente consapevole ma, proprio
perché si sente inchiodato, con le spalle al muro, nudo e indifeso,
spesso reagisce rispondendo non senza cattiveria: quando vuole può,
e sa, far veramente male. Per un po crea il vuoto attorno a sé,
ma tutto rientra nel gioco delle parti e i pezzi ritornano sempre al
loro posto.
La ricerca del dettaglio, lattenzione alle battute e agli sguardi,
la continua ripresa di una lavagna con termini medici che, se nelle
prime puntate risultano altamente astrusi, pian piano diventano abbastanza
familiari, non solo evitano di rendere noioso lo schema di base che
è sempre lo stesso (malore iniziale di qualcuno, sigla e trasferimento
in ospedale con conseguenti diagnosi, analisi e cure), ma ce lo fanno
apprezzare di volta in volta, con piccole, interessanti innovazioni.
Veniamo così proiettati anche noi allinterno dellospedale,
siamo anche noi direttamente coinvolti nelle discussioni davanti alla
lavagna, cerchiamo anche noi di capirci qualcosa di più e non
ci stupiamo quando la telecamera, senza preavviso, partendo dalla ripresa
esterna di un corpo, ci catapulta al suo interno, andando a scovare
visivamente, tra ossa, muscoli, nervi e cellule, la radice del male.
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