Evilenko

Ecce ‘mostro’
di Ludovico Cosmo

 
  Italia, 2004
di David Grieco, con Malcom McDowell, Ronald Pickup, Marton Csokas, Frances Barber


Se si dovesse indicare il pregio maggiore di questa trasposizione cinematografica che David Grieco ha tratto dal suo libro ‘Il comunista che mangiava i bambini’, sarebbe quello di aver mantenuto la metafora socio-politica su un sentiero costantemente ambivalente e incerto: è la liberazione dalla tutela di un’ideologia forte in nome di un nuovo corso ancora nebuloso ad aver partorito il mostro di Rostov?; oppure l’avvento della perestroika ha avuto il merito di aprire finalmente uno dei tanti cassetti che custodivano il diario segreto su cui era descritta l’infamia di crimini immondi?
E se invece si dovesse riassumere in poche parole il peggior difetto del film di Grieco, allora non si potrebbe tralasciare l’evidente asservimento ai codici linguistici da fiction televisiva, l’adeguamento alla ‘non-estetica’ contagiosa e sgualdrina che ha di fatto schiavizzato molte produzioni italiane.
Con uno scarto tuttavia, perché Evilenko, a differenza di altri film tricolori, trasuda sostanza e impeto da tutte le incrinature che ricoprono questa fiaba amarissima, disseminata in effetti di sbavature registiche e narrative molto evidenti e ascrivibili probabilmente alla genericità di un debuttante che non ha ancora ‘inquadrato’ (non è un attenuante, tutt’altro) il suo stile e il suo sguardo personale.
Evilenko investe lo schermo con una foga molto disorganica e dispersiva; e non potrebbe essere altrimenti perché, in fin dei conti, la vicenda del ‘Mostro della striscia di bosco’ non sembra altro che l’emersione alla luce del sole di una pulsione per troppo tempo repressa nelle giacenze buie e fuori moda del magazzino veterocomunista.
Ed è una pulsione sessuale violenta che tutti faticano a razionalizzare, fatta eccezione per il malcapitato dottore omosessuale che si getta sulle tracce del mostro di Rostov; è lui l’unico a fornire una spiegazione plausibile,derivante dai suoi studi psicanalitici, a quegli impulsi bestiali. Il problema è che la psicanalisi, sebbene sia nata un secolo prima, sembra, nella russia gorbacioviana, ancora appartenere alla sfera dell’ignoto: si tratta di arretratezza culturale o ingenuità dilettantesca di chi non ha mai dovuto affrontare o nemmeno considerare la divulgazione pubblica di crimini osceni come quelli della pedofilia e del cannibalismo?
Un interrogativo lasciato senza risposta tra le pieghe di quella che non è altro che una favola, appunto, dove ad essere protagonista è un orco assatanato da un desiderio che per decenni ha sublimato fluttuando agevolmente tra le onde di una convinzione ideologica inattaccabile.
Il Comunismo era (è) una cosa sacra per Evilenko ed egli ci rimane ossessivamente affezionato come un bambino testardo; Evilenko si esprime con i disegni, proprio come fanno i bambini: essi sono il suo diario di bordo e segneranno la sua condanna. Evilenko non può sopravvivere alla fine del suo gioco, non vuole accettarlo: il comunismo rappresenta tutta l’oscurità di un passato lunghissimo, monotono e invisibile che erompe nell’attacco ad un altro aspetto totalmente sacro e intoccabile: l’innocenza del bambino.
I bambini sono allora i nuovi giocattoli a cui Evilenko si avvinghia con passione animalesca; e così come era stato invisibile prima, il mostro continua ad esserlo ora che compie i suoi assassinii (più di cinquanta) senza lasciare indizi, apparendo e scomparendo come un invincibile e solitaria creatura dei boschi.
E intorno a lui, testimoni impreparati delle sue aberrazioni, orbitano stupefatti i comunisti di vecchio e nuovo corso, il Kgb, il popolo, le autorità, e un magistrato progressista che per affrontare e inibire le pulsioni del mostro ha bisogno di organizzare un confronto corpo (nudo) a corpo (nudo) con Evilenko.
E i nodi vengono al pettine. C’è un uomo ‘normale’al di là dei lividi e dei gonfiori, sotto quelle vesti insanguinate; e c’è un uomo anche di qua, sotto il candore della divisa da ufficiale progressista che si è adeguato malavoglia al crollo di un’idea.
Alla fine emerge la colpevolezza, con tanto di date, nomi delle vittime e dettagli degli omicidi truculenti; ma affiora soprattutto il disorientamento diffuso che scaturisce dalla presa di coscienza che dietro la bestialità, la ferocia, la degenerazione morbosa c’è un la cronaca vera di uomo, un ‘uomo sovieticus’ alle prese con i suoi demoni interiori. È una sorpresa che non si aspettavano.